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Non ho voglia di raccontare di un viaggio specifico a questo giro.
Vorrei raccontare del viaggio della mente, viaggio che può svolgersi mentre fisicamente si viaggia ma che non necessariamente si deve svolgere mentre si viaggia.
Ogni volta che penso al “viaggio della mente” mi viene in mente Leopardi ed il suo Infinito. Avevo pensato di trascrivere la poesia qui e di parafrasarla. Poi mi sono persa nella lettura di una parte dello Zibaldone, che volevo riportare, perché è attualissimo.
Ma poi ho pensato che non ho titolo per analizzare Leopardi e non ho un’opinione originale da esprimere su di lui. Ma, come tutti, posso trarne spunto.
Lui fa tutta un’analisi sull’anima e su come questa provi piacere quando è “piena”. L’Infinito non è altro che il voler dimostrare quanto possa essere terrorizzante avere l’anima non piena e quanto comunque, superato il terrore iniziale, la sensazione di “vuoto” dell’anima non sia poi così male, anzi, faccia provare un piacere diverso, più intellettuale.
Che c’entra tutto questo con il viaggio.
Tanto, c’entra tanto.
Il viaggio è scoperta, è essere sempre e comunque con tutti i sensi accesi, avere l’anima piena perché continuamente stimolata da nuovi input. Quindi, il viaggio può essere paragonato a quello che Leopardi considerava appagamento primitivo da anima piena.
Quindi, il viaggio non eleva? Il viaggio non fa altro che restituire all’uomo quel senso di appagamento da provare senza fare fatica?
C’è un modo per provare un appagamento più alto? C’è un modo per elevarsi?
Forse il viaggiare in sé per sé è semplice e puro appagamento dell’anima. E’ riposo del pensiero. E’ – nel termine – vacanza, vacatio. Spazio vuoto in cui far riposare i pensieri.
Mentre viaggio, la mia mente è occupata a recepire i luoghi. Non ho spazio per farmi prendere da altri pensieri. E’ realmente la sensazione di appagamento che descrive l’ottimo Leopardi.
Eppure c’è un momento in cui si fa volare il pensiero. Ma non in viaggio.
A me capita quando ho scelto la nuova meta. A quel punto inizia un viaggio diverso, pazzesco, dal mio divano di casa.
Prendo una guida ed inizio a pianificare un po’ a caso. Leggo, ma non troppo, di ogni località che viene segnalata come meritevole di essere visitata.
Devo leggere perché ho continuamente la paura di scegliere posti solamente vicini ai posti di interesse, perdendomi quello che realmente è degno di essere visto.
E’ una paura stupida, perché, alla fine, ovunque mi guidino le gambe, provo meraviglia. Ma questo, mentre programmo il viaggio, lo dimentico.
Quindi inizio a fantasticare su nomi che ho sentito e a pormi mille domande su nomi che non ho mai sentito nominare ma che sembrano bellissimi.
E’ in quel momento che la mente vaga. Che il pensiero si eleva. Ho pochissimi elementi concreti sui quali fantasticare, non ho ancora ricordi, quindi sono libera di immaginare tutto quello che voglio.
Ed in quei momenti mi ricordo la siepe del Leopardi. Dietro ci può essere di tutto. O niente. E’ solo la mia immaginazione che riesce a riempire quegli spazi.
Ho Chi Minh: come sarà? Come saranno i Vietnamiti? E Johannesburg? Sarà pericolosa come dicono? Ed il Laos? Sarà pieno di gibboni?
Mediamente fantastico talmente tanto che, al momento di partire, ho delle immagini che sono vivide nella mente, come se le avessi vissute.
Poi si aggiunge un altro elemento, che, probabilmente, deve essere collocato qui. I luoghi da visitare me li fingo nel pensiero, è vero, ma ho un forte elemento in più, che mi aiuta ad immaginare.
Le foto. Quelle scattate da altri che hanno visitato i posti prima di me.
Si sa come funziona. Si vuole vivere l’esperienza integrale, non si vogliono anticipazioni. Però si sbircia, si controlla cosa hanno fatto e visto altri turisti.
Recentemente, inoltre, mi hanno fatto notare che uno dei motivi per cui si fanno foto è per mostrare a chi non ne ha la possibilità o la voglia, mondi o situazioni che altrimenti non potrebbero essere visti. Io sinceramente le faccio solo perché mi va di farle. Non avevo mai collegato. Eppure è vero. Io guardo le foto di chi ci è già stato ed altri guardano le mie prima di visitare dei posti o semplicemente perché in quei posti non ci sono stati.
Ma la fotografia rovina il sogno, quindi “riempie l’anima” del concetto leopardiano o è di ausilio nella creazione di un immaginario che eleva l’anima?
E’ una domanda a cui non so rispondere.
So solo che quando finalmente arrivo nel posto tanto sognato e tanto immaginato, tanto - se non tutto - mi appare diverso da come me lo ero “finto nel pensiero”.
All’immaginario, alimentato anche dalle foto, si aggiungono odori, colori e prospettive completamente differenti. Tanto differenti che le foto non mi corrispondono al reale. Le foto fanno apparire i posti più grandi o più piccoli, più interessanti, più vuoti, più esclusivi.. Ma meno vivi.
Fotografo anch’io. Dettagli, paesaggi, particolari o scene che prendono la mia immaginazione. Non per ricordare meglio, perché, tendenzialmente, non riguardo mai le foto.
Alla fine sembra che fotografi per alimentare l’immaginazione altrui, in un cerchio senza fine. Perché altri possano sognare?
Il viaggio quindi non è solo vacanza, ma è anche uno strumento per alimentare l’immaginazione altrui? Per elevare la mente? Che direbbe il Leopardi?
ENGLISH VERSION
Journey of the Mind
This time I do not want to focus on a specific travel experience.
I’d like to speak about the journey of the mind, a journey that might occur while traveling, but that not necessarily occurs during a travel.
Any time I think at the journey of the mind, I have to think at Leopardi, an Italian poet, writer and thinker, and at his poem the “Infinito” (Infinity). I though about copying the poem and paraphrase it. Then I lost myself reading the “Zibaldone” (a very loong script of Leopardi), that I wanted to write down, as it is so contemporary.
Then I realized that I have no title to analyze such a poet and, most importantly, I do not have a special, original opinion on his works to share. But, as everybody can, I can take inspiration from his works.
Leopardi analyses the “soul” and as the soul only feels pleasure when “filled in”, With the “Infinity” he wants to demonstrate how frightening it is to have a should that is not “filled in” and how, once you overcome the initial terror, the feeling of “emptiness” of the soul is not so bad, after all, on the contrary, it gives a more intense pleasure, a more intellectual one.
How does all this relate to travels?
It does, a lot, actually.
Traveling means discovering, means being always, fully aware and with all senses active, ready to capture the surroundings, means having your soul constantly “filled in” by new inputs.
In this sense, traveling can be compared to what Leopardi considered a primitive fulfillment of a “filled in” soul.
Does this mean that traveling does not “elevate” the soul? Is traveling a mere primitive fulfillment that does not imply any effort of the soul? Is there a way to elevate yourself while traveling?
It may be that traveling is just a way to fulfill the soul. It’s a sort of “rest” for the soul. It’s in the Italian term – vacanza – “vacatio”. It’s an empty place for the soul where the soul can rest from all thoughts and struggling’s.
While traveling, my mind is busy in getting all places, absorbing. I do not have room for any other thought. It’s really the primitive fulfillment, as described by Leopardi.
Notwithstanding the above, there is a moment where the soul is flying. But not while traveling.
For me it’s when I start planning a new trip. At that point I begin having a different, crazy trip. From my sofa.
I take a guide and start to plan, casually. I read, not too much, to be honest, about any location that is noted as “place to be” or “to visit necessarily.
I must read because I constantly have the fear, I miss the “special spots”. You know, the feeling something marvelous is just there, but you’re turning your back to it. Or you’re just on the wrong street.
It’s a stupid fear as, in the end, wherever my legs lead me to I experience wonder. But anytime I start planning a new trip, I forget how I experience this wonder.
For this reason, I start to daydream about the names I’ve heard, and I start putting myself thousands of questions on places I’ve never heard of.
That is the moment in which the mind starts to wander. It’s the moment in which the soul elevates itself. I do have very few elements on which I can daydream, I haven’t any memory yet, so the mind can imagine anything she wants.
Those are the moments in which I recall the hedge of Leopardi. Behind the hedge there can be everything or nothing. It’s only my imagination that is capable to fulfill those spaces.
Ho Chi Minh: how will it be? How will Vietnamese be? And Johannesburg? Will it be as dangerous as described? And Laos? Will I find gibbons at every angle?
Usually I daydream so much that, when I really have to start my journey, I have images in my mind that are so vivid that they seem real.
There’s another element that gives a serious contribute to my imagination. Photographs.
The photographs other tourists shot while visiting a place before me.
You know how it works. You want to do an “original” experience, you do not want to have any anticipation… Then you start checking, timidly, what the other tourists saw and did.
Recently someone told me that one of the reason you photograph is to show worlds or situations to whoever hasn’t had yet the possibility or the chance to see them in person.
To be honest, I do photograph only because I enjoy doing it. I never thought that somebody else could live an experience thru my “eyes”.
But it’s true. I do the same, actually. I just never realized it… Sometimes I’m a little… slow..
This said, does the photo ruin the soul’s daydream (as it fulfills the soul in the concept of Leopardi) or, on the contrary, the photo helps to imagine and elevates the soul?
It’s a question to which I have no answer.
I only know that when I, finally, reach the destination of my journey everything appears different to how I have imagined.
I do add to what I have imagined perfumes, colours, different perspectives. Everything is so different from how I have imagined it. The photos make seem places bigger or smaller, more interesting, more empty, more exclusive.. in all cases much less.. real.
As said, I do photograph too. Details, landscapes, particulars or scenes that catch my eye and imagination. I do it not to remind me of a particular moment, as I very rarely look at the pictures I took.
In the end it seems that I do photograph just to feed somebody else’s imagination, in a never ending circle.
I do photograph so that the other can dream?
Is then traveling not a “vacation”, does traveling feed and elevate the soul in the sense Leopardi meant it?
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