(English translation below)
La definizione di influencer – I contratti con gli influencer – Il ruolo dei social media
L’argomento influencer è e rimane un argomento scottante.
Non appena si arriva al punto di dirsi: “ok, basta, ne ho abbastanza, il quadro mi è chiaro” arriva un nuovo provvedimento, una nuova definizione, un nuovo argomento di conversazione che riapre il dibattito.
Vorrei fare il punto della situazione su tre argomenti principali:
1) Definizione di influencer: a che punto siamo?
2) I contratti con gli influencer: indipendentemente dal nomen che gli diamo, quale disciplina giuridica si applica?
3) Il campo di gioco degli influencer: i social media.
1) La Definizione di Influencer
Ricordo i dibattiti sulla definizione di “influencer”, gli accesi scontri tra chi riteneva che la definizione dovesse comprendere anche le celebrieties e chi, invece, riteneva che la definizione sarebbe crollata se estesa a personaggi del mondo dello spettacolo.
Siamo andati avanti qualche anno con l’incertezza della definizione, plasmando contratti atipici che potessero in qualche modo inquadrare e definire i reciproci obblighi, prevedere una qualche cogenza e conseguenze per il mancato adempimento di obbligazioni che sembravano eteree, impalpabili.
Poi, finalmente, inesorabilmente, sono state pubblicate le prime linee guida (IAP) che hanno iniziato a dare una definizione che via via, con il passare degli anni e dei regolamenti, si sono sempre più complicate, fino ad arrivare ad oggi.
Il primo vero e proprio strumento-guida è stata la Digital Chart redatta dallo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) nel 2016.
La Digital Chart ha conferito la prima definizione di Influencer, distinguendola da Celebrities e Users:
1) Personaggi celebri (“celebrity”)
2) Chi abbia acquisito visibilità e credibilità presso il pubblico per le sue competenze in un certo campo (i c.d. “influencer”, come, ad esempio, i blogger o i vlogger);
3) Utenti comuni (gli “user”) che esprimono nella Rete la propria opinione o giudizio (che appartengono ai c.d. user generated content)
Dalla Digital Chart, si è proceduto ad un inquadramento via via più preciso e definito della figura di influencer, arrivando alle definizioni di AGCM (https://agcm.it/media/comunicati-stampa/2017/7/alias-8853, https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2018/8/alias-9449, https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2026/10/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/D3742CF9C999B026C125877200392683/$File/p29837.pdf) :
che individua nell’Influencer un professionista ai sensi dell’art. 18,1 lett.b) del Codice del Consumo (in particolare nell’individuazione dei soggetti del provvedimento 29837/2021 - https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2026/10/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/D3742CF9C999B026C125877200392683/$File/p29837.pdf).
e AGCOM, che, a seguito della Consultazione Pubblica (delibera n. 178/23/CONS del 13 luglio 2023) ha emanato la delibera 7/24/CONS unitamente alle linee guida “volte a garantire il rispetto delle disposizioni del Testo Unico da parte degli influencer”:
Influencer che propongono contenuti audiovisivi […] comprendenti comunicazioni commercial sulla base di accordi di qualsiasi tipo, dietro corresponsione di denaro ovvero fornitura di beni o servizi che cumulativamente:
o Raggiungono un numero di iscritti (follower) pari, in sede di prima applicazione, ad almeno un milion, risultanti dalla somma degli iscritti sulle piattaforme e dei social media su cui operano;
o Hanno pubblicato, nell’anno precedente alla rilevazione almeno 24 contenuti aventi le caratteristiche definite dalle […] Linee Guida;
o Abbiano superato almeno su una piattaforma o social media un valore di engagement rate medio negli ultimi 6 mesi pari o superiore al 2%. (cfr. Art. 5 Linee Guida AGCOM – Allegato A, Delibera 7/24/CONS).
Tutto il lavoro definitorio sugli influencer è partito dalla necessità di regolamentare l’effetto che tale figura ha sui consumatori.
Molto probabilmente la difficoltà riscontrata nel definire questa particolare figura (si veda anche il grande lavoro compilatorio fatto dall’AGCOM per raccogliere tutte le posizioni dei soggetti intervenuti sulla posizione di Influencer – D1 Delibera 7/24/CONS) ha distolto l’attenzione dalle necessità normative volte a regolare gli influencer, una volta definiti.
Effettivamente gli influencer sono stati definiti per una necessità specifica: la tutela del consumatore da pubblicità ingannevole.
2) I contratti con gli Influencer
Una volta arrivati ad una definizione che potesse permettere di porre in essere una relativa tutela del consumatore, ci si è fermati. Ma… esiste una tipologia contrattuale “tipica” che si possa applicare agli influencer?
La stessa AGCOM che ha approfonditamente investigato sugli influencer, si limita a scrivere: “comunicazioni commercial sulla base di accordi di qualsiasi tipo”.
Fondamentalmente, ci si è affannati a rincorrere il fenomeno, inquadrare l’output finale dell’attività di influencer e cercare di trovare una definizione della tipologia di soggetti capaci di avere presa sul consumatore, ma non ci si è occupati dell’inquadramento contrattuale, di configurare le fattispecie sottostanti le definizioni.
Riprendendo il lavoro fatto dalla AGCOM, si può pensare ad una sistematizzazione delle varie fattispecie di “operatori” e tentare un inquadramento contrattuale, a seconda delle attività che tali soggetti pongono in essere sui social media.
Partendo dalla categoria definita, gli influencer, possiamo rinvenire diverse tipologie di attività (e conseguentemente categorie contrattuali?), di cui mi limito – per brevità – ad elencarne tre, in via esemplificativa:
1) #ADV, pubblicità vera e propria: una società chiede ad un’influencer di pubblicizzare un determinato prodotto. A fronte dell’attività pubblicitaria, la società paga all’influencer una somma determinata.
Si tratta di un contratto di sponsorizzazione (contratto atipico): a fronte della prestazione di un servizio specifico (post, stories), l’influencer riceve una determinata somma di danaro.
2) #supplied: una società offre un servizio od un prodotto affinché l’influencer ne possa parlare, documentando il servizio (soggiorno in hotel, visita in una determinata location, etc) o sperimentando un prodotto (crema, etc.).
Anche in questo caso si configura un contratto atipico (e sempre sponsorizzazione è, alla fine), avente ad oggetto la prestazione di un servizio (post o stories sui social media) a fronte della datio di un bene od un servizio.
3) Link affiliati: L’influencer viene contattato da una società per promuovere un prodotto o un servizio e, per spingere all’acquisto di tale prodotto o servizio, all’influencer viene dato un link di affiliazione che contiene un buono sconto (“swipe up”).
A questo punto, un lettore annoiato potrebbe stancamente rispondere: è comunque un contratto di servizio, atipico.
Invece in questo caso si apre un nuovo scenario, quantomeno per il Tribunale di Roma.
Con sentenza n. 2615/2024 del 4 marzo 2024, il Tribunale di Roma si è addentrato nei meandri della definizione di influencer e si è spinto ad un inquadramento giuridico dei contratti con questa categoria di soggetti nuovo.
Prima di giungere ad imprudenti generalizzazioni, è necessario riprendere il fatto che ha portato alla sentenza e fare qualche valutazione in merito.
Innanzi tutto il contesto: la causa tratta di una società che vende integratori, per lo più online, affidandosi ad influencer per attività di promozione e vendita dei propri prodotti.
Il Giudice, in modo molto dettagliato, effettua una valutazione delle figure che ruotano intorno alla società e giunge – sposando la tesi dell’Ente di vigilanza – a differenziare tra:
1) Testimonial, ossia soggetto che si limita a consentire di associare la propria immagine ad un certo brand, ricevendo per questa attività, un importo fisso
2) Influencer che svolge una vera e propria attività promozionale di vendita: il compenso riconosciuto è determinato dagli ordini direttamente procurati e andati a buon fine.
Non solo, l’influencer riconosce degli sconti al “cliente”: i cosiddetti “codici sconto”.
In sostanza, a detta della resistente, l’influencer deve essere visto come un soggetto che ha il potere di influenzare le decisioni di acquisto dei c.d. followers a causa delle sua autorità, conoscenza, posizione o rapporto con il pubblico.
Sulla scorta di queste definizioni, il Giudice ha finito per individuare due diverse tipologie di contratti di collaborazione (nel caso di specie):
1) Contratto di sponsorizzazione/Attività di testimonial, a mezzo del quale il soggetto presta la propria immagine, pubblica video o articoli informativi e riceve – a priori – un compenso determinato che sia omnicomprensivo di qualsiasi attività
2) Contratto per “prestazioni di influencer” nel quale il collaboratore si impegna a promuovere per conto della società i prodotti, su pagine web o social media di proprietà dell’influencer, indicando un codice sconto personalizzato. Il codice sconto rimanda al sito della società e contestualmente permette alla società di calcolare quanti e quali ordini siano riconducibili al quello specifico influencer.
Da ciò il Giudice desume che:
a) L’influencer può usare i marchi ed i segni distintivi della società per svolgere l’attività contrattualmente prevista
b) L’influencer svolge attività di promozione di vendita
c) Il compenso riconosciuto all’influencer è determinato dagli ordini direttamente procurati ed andati a buon fine.
Tutte queste attività sono riconducibili ad una fattispecie civilistica: il contratto di agenzia.
Ora, come anticipato, la conclusione del Tribunale di Roma è data da un caso di specie, che presenta caratteristiche peculiari, quali:
- La società aveva “adattato” un format di contratto di agenzia per gli influencer;
- Gli influencer di cui al caso erano remunerati esclusivamente sulla base degli ordini andati a buon fine.
La sentenza del Tribunale di Roma può costituire il precedente che porterà ad inquadrare tutti i contratti con link di affiliazione come contratti di agenzia?
Nel breve periodo, ne dubito. Memori degli errori fatti dalla società di cui alla sentenza, ci affretteremo a:
- Dare maggiore rilevanza ad una fee o somma di danaro fissa che sovrasti eventuali “commissioni” date da buoni sconto o reindirizzamenti dall’account dell’influencer al sito;
- Mettere un termine preciso al contratto
- Sottolineare in più punti che non trattasi di contratto di agenzia ma di contratti di prestazione di servizi atipico o un contratto d’opera intellettuale
- Ridurre considerevolmente il ricorso ai link di affiliazione per privilegiare contratti di “sponsorizzazione”, di prestazione della sola immagine da parte dell’influencer.
Questa tendenza, unita ad un’attività che mi appresto a descrivere a chi è arrivato fin qui e sta resistendo dei social media, porterà ad un lento ma costante ridimensionamento delle attività di marketing degli influencer.
3) I social media
Arriva come terzo argomento, ma in realtà dovrebbe essere il primo. O comunque un reminder costante. Gli influencer (nelle definizioni di cui sopra) esistono solo perché esistono i social. Ed i social, benché ci piaccia tanto il concetto di metaverso, non sono una nazione: sono un prodotto algoritmico creato da imprenditori. E come tale sono gestiti.
Tutti noi per “andare sui social” aderiamo ad un contratto e tale è la realtà che si stratifica su questo contratto iniziale tra utente e social media. E’ una realtà che non si fonda sul diritto positivo ma su degli algoritmi che gli imprenditori (Meta, TikTok, etc.) possono cambiare a loro piacimento perché vi abbiamo espressamente consentito aderendo al contratto di utente.
Ciò detto, e tenendolo bene a mente, la domanda è: è possibile, in questo meta-mondo, fare delle valutazioni oggettive sull’effettiva e concreta efficacia dell’attività promozionale dell’influencer?
Il calcolo del ROI – Ritorno dell’Investimento – è difficile e poco misurabile. Si usano livelli di engagement, promesse di agenti o si fa ricorso agli effetti che un determinato influencer ha avuto sulle vendite di un prodotto concorrente per comprendere se l’investimento, il pagamento di un importo non indifferente, su un influencer possa realmente portare ad una maggiore diffusione di un prodotto o di un servizio.
Sicuramente, per le aziende che lo hanno utilizzato e lo utilizzano tuttora, il sistema del link in affiliazione è un sistema molto concreto, intuitivo e cristallino per quantificare l’effettivo valore aggiunto dell’influencer: i dati sono lì, legati al nome dell’influencer che ha reindirizzato al sito e-comm. Sono chiari, quantificabili. Non solo: anche l’influencer è più coinvolto, sa che deve fare dei contenuti coinvolgenti per riuscire a far cliccare quel link ai propri follower e far loro acquistare il prodotto/servizio.
A questa difficoltà, si aggiunge la difficoltà di essere in balia di algoritmi, che determinano le regole del gioco.
TikTok è il social media che effettivamente ci ha fatto concretamente rendere conto di quanto possa essere effimero il mondo degli influencer.
Il nuovo social ha settato dei nuovi parametri. Non più (o, meglio, non soltanto) numero di followers: l’algoritmo permette a chiunque – randomicamente – di accedere ai quei famosi 15 minuti (o forse nel caso dei social 60 secondi) di celebrità.
TikTok ri-pone al centro dell’attenzione il contenuto. Dai balletti alle storie di crime, a veri e propri blog personali a suon di brevi video, accattivanti, veloci.
Ed impone un nuovo paletto: monetizzazione in base alle visualizzazioni. Il creator non devono avere tanti followers, non devono più essere influencer: devono trovare il trend, la mossa giusta per essere visualizzati più di 5 secondi e per diventare virali.
Instagram rimane indietro, rimane quel social sul quale c’è la grande distinzione tra influencer (che ti suggeriscono il loro mondo dorato ed ideale) e follower, che osservano, ammirano, idolatrano.
Le due modalità di funzionamento sembrano dividere anche le aziende che investono sui social: su Instagram il “vecchio” (seppur non ancora completamente giuridicamente definito) metodo della ricerca dell’influencer che ha molti soldi, nella speranza di un ROI alto o di conversione grazie ai link di affiliazione, su TikTok, la ricorsa delle aziende alla ricerca dei creator più “trendy” del momento nel disperato tentativo di attrarre visualizzazioni grazie al trend del momento, al pezzo virale.
Per TikTok gli influencer non hanno valore, il vero valore sono i numeri, gli spasmodici numeri di creator che quotidianamente si adoperano per trovare qualcosa di appealing da presentare al mondo social.
La strategia di TikTok alla fine del 2023 si rivela vincente: scandali sugli influencer più rilevanti (Chiara Ferragni o Kim Kardashian) scuotono nelle fondamenta la modalità di fruizione dei social. Tralasciando i leoni da tastiera ed i giudizi di valore che, sui social, lasciano il tempo che trovano, nel giro di poche settimane il sentiment cambia, i follower sono sfiduciati, delusi.
Al risveglio, ci si accorge che Instagram è diventato una vetrina commerciale: stories intervallate (quasi un rapporto 1:1) da pubblicità, micro influencers che promuovono quel prodotto o quel servizio.
Ed ecco uscire la novità di Instagram: a fine maggio 2024 Meta lancia il nuovo algoritmo. Nuove metriche:
a) Tempo di visualizzazione: più si rimane sul video, più l’algoritmo premia
b) Interazioni: rimangono validi likes, commenti e salvataggi;
c) Rilevanza del contenuto: la rilevanza viene determinata sulla base degli interessi precedenti confrontati con il contenuto dei post
d) Video: i video sono diventati centrali nella strategia di contenuto di IG.
A ben guardare, Instagram sembra rincorrere TikTok per svecchiarsi, per liberarsi di quei vincoli che avevano portato al cul de sac di critiche.
Gli influencer di Instagram dovranno confrontarsi con creator che potranno essere premiati dall’algoritmo per aver creato contenuti nel trend dell’utente medio.
Se così sarà, le aziende potrebbero man mano perdere interesse nei contratti con gli influencer. Da una parte sarà più difficile che gli influencer riescano effettivamente ad affascinare il proprio pubblico proponendo prodotti o servizi, dall’altra dopo la sentenza del Tribunale di Roma, potrebbero essere emanati nuovi giudizi che vadano ad impattare sulla libertà contrattuale delle aziende (e degli influencer) imponendo vincoli troppo onerosi per tutte le parti.
Alla luce di questo possibile scenario potrebbe sembrare che i social media vogliano riprendere le redini del gioco, togliere potere agli influencer e mantenere saldamente il controllo di tutto quello che accade in quel meta-mondo che hanno creato.
Ma è una storia che è appena iniziata.
English Translation
INFLUENCER – THE END OF AN ERA... ALSO FROM A LEGAL PERSPECTIVE?
The definition of an influencer – Contracts with influencers – The role of social media
The topic of influencers is and remains a hot topic. Just when you think, “okay, enough, I’ve got it, the picture is clear,” a new regulation, a new definition, or a new conversation topic arrives, reopening the debate.
I’d like to take stock of three main points:
1) Definition of influencer: where are we now?
2) Contracts with influencers: regardless of the nomenclature, what legal framework applies?
3) The playing field for influencers: social media.
1) The Definition of Influencer
I recall the debates on the definition of "influencer" the heated clashes between those who believed the definition should also include celebrities and those who thought the definition would collapse if extended to figures from the entertainment world. We went on for a few years with the uncertainty of the definition, crafting atypical contracts that could somehow frame and define mutual obligations, provide some enforceability, and foresee consequences for non-compliance with obligations that seemed ethereal, intangible. Then, finally, inexorably, the first guidelines (IAP) were published, starting to give a definition that, over the years and through regulations, became increasingly complicated, up to the present day. The first true guiding tool was the Digital Chart prepared by IAP (Institute of Advertising Self-Regulation) in 2016. The Digital Chart provided the first definition of Influencer, distinguishing it from Celebrities and Users:
1) Famous personalities (“celebrity”)
2) Those who have gained visibility and credibility with the public for their expertise in a certain field (the so-called “influencers,” such as bloggers or vloggers);
3) Common users (“user”) who express their opinion or judgment on the Net (belonging to the so-called user-generated content).
From the Digital Chart, there has been a progressively more precise and defined framing of the influencer figure, arriving at the definitions by AGCM (https://agcm.it/media/comunicati-stampa/2017/7/alias-8853, https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2018/8/alias-9449, https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2026/10/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/D3742CF9C999B026C125877200392683/$File/p29837.pdf):
which identifies the Influencer as a professional under art. 18,1 lett.b) of the Consumer Code (particularly in the identification of the subjects of provision 29837/2021 - https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2026/10/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/D3742CF9C999B026C125877200392683/$File/p29837.pdf).
and AGCOM, which, following the Public Consultation (resolution no. 178/23/CONS of July 13, 2023), issued resolution 7/24/CONS along with guidelines “aimed at ensuring compliance with the provisions of the Unified Text by influencers”:
Influencers who propose audiovisual content […] including commercial communications based on agreements of any kind, in exchange for money or provision of goods or services that cumulatively:
o Reach a number of subscribers (followers) equal, in the first application stage, to at least one million, resulting from the sum of subscribers on the platforms and social media where they operate;
o Have published, in the year preceding the survey, at least 24 pieces of content with the characteristics defined by the […] Guidelines;
o Have achieved an average engagement rate of at least 2% on one platform or social media in the last 6 months. (see Art. 5 AGCOM Guidelines – Annex A, Resolution 7/24/CONS).
The entire defining work on influencers started from the need to regulate the effect this figure has on consumers.
Most likely, the difficulty encountered in defining this particular figure (also see the extensive compiling work done by AGCOM to gather all the positions of the stakeholders involved regarding the position of Influencer – D1 Resolution 7/24/CONS) has diverted attention from the regulatory needs aimed at regulating influencers, once defined.
Indeed, influencers have been defined for a specific need: protecting the consumer from misleading advertising.
Sure, here is the translation of the provided text into English:
2) Contracts with Influencers
Once a definition that allows for the relative protection of the consumer was established, progress halted. But… is there a “typical” contract type that can be applied to influencers?
The same AGCOM, which thoroughly investigated influencers, merely states: “commercial communications based on agreements of any kind.”
Essentially, there has been a rush to chase the phenomenon, frame the final output of influencer activity, and try to find a definition for the type of subjects capable of influencing the consumer, but there has been no effort to frame the contractual aspects or configure the underlying cases within the definitions.
Revisiting the work done by AGCOM, we can think of a systematization of the various types of “operators” and attempt a contractual framework, depending on the activities these subjects carry out on social media.
Starting from the defined category, influencers, we can identify different types of activities (and consequently contractual categories?), of which I will limit myself to listing three, by way of example:
1. #ADV, actual advertising: a company asks an influencer to advertise a specific product. In exchange for the advertising activity, the company pays the influencer a set amount. This is a sponsorship contract (an atypical contract): in exchange for the performance of a specific service (posts, stories), the influencer receives a certain sum of money.
2. #supplied: a company offers a service or product for the influencer to talk about, documenting the service (hotel stay, visit to a certain location, etc.) or experimenting with a product (cream, etc.). Here too, an atypical contract is configured (and it is still sponsorship, after all), involving the provision of a service (post or stories on social media) in exchange for the supply of a good or service.
3. Affiliate links: The influencer is contacted by a company to promote a product or service and, to encourage the purchase of that product or service, the influencer is given an affiliate link that contains a discount coupon (“swipe up”).
At this point, a bored reader might respond wearily: it’s still a service contract, atypical. However, in this case, a new scenario opens up, at least for the Court of Rome. With judgment no. 2615/2024 of March 4, 2024, the Court of Rome delved into the intricacies of the influencer definition and ventured into a new legal framework for contracts with this category of subjects.
Before making rash generalizations, it is necessary to review the fact that led to the judgment and make some evaluations about it. First of all, the context: the case concerns a company that sells supplements, mostly online, relying on influencers for promoting and selling their products. The Judge, in a very detailed manner, evaluates the figures surrounding the company and comes – embracing the thesis of the regulatory body – to differentiate between:
1. Testimonial, i.e., a person who merely allows their image to be associated with a certain brand, receiving a fixed amount for this activity.
2. Influencer who carries out actual promotional sales activity: the recognized compensation is determined by the orders directly procured and successfully completed. Not only that, the influencer grants discounts to the “customer”: the so-called “discount codes.” Essentially, according to the defendant, the influencer should be seen as someone who has the power to influence the purchasing decisions of so-called followers due to their authority, knowledge, position, or relationship with the audience.
Based on these definitions, the Judge ended up identifying two different types of collaboration contracts (in the specific case):
1) Sponsorship/Testimonial activity contract, whereby the subject lends their image, publishes videos or informational articles, and receives – in advance – a determined comprehensive compensation for any activity.
2) “Influencer performance” contract in which the collaborator commits to promoting the company's products on web pages or social media owned by the influencer, indicating a personalized discount code. The discount code directs to the company's website and simultaneously allows the company to calculate how many and which orders are attributable to that specific influencer.
From this, the Judge deduces that:
a) The influencer can use the company's trademarks and distinctive signs to carry out the contractually provided activity.
b) The influencer carries out promotional sales activity.
c) The recognized compensation for the influencer is determined by the orders directly procured and successfully completed.
All these activities are attributable to a civil case: the agency contract (art. 1472 et ff. Italian Civil Code).
Now, as anticipated, the conclusion of the Court of Rome is derived from a specific case with peculiar characteristics, such as:
- The company had “adapted” an agency contract format for influencers.
- The influencers in the case were remunerated exclusively based on successfully completed orders.
Can the Court of Rome’s judgment set a precedent that will lead to framing all contracts with affiliate links as agency contracts? In the short term, I doubt it. Mindful of the mistakes made by the company in the judgment, we will hurry to:
- Give greater relevance to a fixed fee or sum of money that surpasses any “commissions” given by discount codes or redirects from the influencer’s account to the site.
- Set a precise term for the contract.
- Emphasize in several points that it is not an agency contract but an atypical service provision contract or a contract for intellectual work.
- Significantly reduce the use of affiliate links in favor of “sponsorship” contracts, providing only the influencer’s image.
This trend, combined with an activity I am about to describe to those who have made it this far and are still holding on to social media, will lead to a slow but steady downsizing of influencer marketing activities.
3) Social Media
It comes as the third topic, but it should actually be the first. Or at least a constant reminder. Influencers (as defined above) exist only because social media exists. And social media, even though we like the concept of the metaverse, is not a nation: it is an algorithmic product created by entrepreneurs. And as such, it is managed.
All of us, to "go on social media," adhere to a contract, and that is the reality layered on this initial contract between the user and the social media. It is a reality that is not based on positive law but on algorithms that entrepreneurs (Meta, TikTok, etc.) can change at their discretion because we have expressly consented to it by agreeing to the user contract.
That said, and keeping it in mind, the question is: is it possible, in this meta-world, to make objective evaluations on the actual and concrete effectiveness of the influencer's promotional activity?
The calculation of ROI – Return on Investment – is difficult and not easily measurable. Levels of engagement, promises from agents, or the effects that a particular influencer has had on the sales of a competing product are used to understand if the investment, the payment of a significant amount, on an influencer can actually lead to greater dissemination of a product or service.
Surely, for the companies that have used it and still use it, the affiliate link system is a very concrete, intuitive, and transparent way to quantify the actual added value of the influencer: the data is there, tied to the name of the influencer who redirected to the e-commerce site. They are clear and quantifiable. Not only that: the influencer is also more involved, knowing they need to create engaging content to get their followers to click that link and buy the product/service.
To this difficulty is added the difficulty of being at the mercy of algorithms, which determine the rules of the game.
TikTok is the social media that has effectively made us realize how ephemeral the world of influencers can be. The new social network has set new parameters. No longer (or rather, not only) the number of followers: the algorithm allows anyone – randomly – to access those famous 15 minutes (or perhaps in the case of social media, 60 seconds) of fame.
TikTok re-centers the attention on content. From dances to crime stories, to real personal blogs in the form of short, captivating, and fast videos.
And it imposes a new constraint: monetization based on views. Creators do not need many followers, they no longer need to be influencers: they need to find the trend, the right move to be viewed for more than 5 seconds and to go viral.
Instagram lags behind, remaining the social network where there is a great distinction between influencers (who suggest their golden and ideal world) and followers, who observe, admire, idolize.
The two operating modes seem to divide even the companies investing in social media: on Instagram, the “old” method (although not yet completely legally defined) of seeking out the influencer with a lot of money, hoping for a high ROI or conversion thanks to affiliate links, on TikTok, companies chasing the most “trendy” creators of the moment in a desperate attempt to attract views thanks to the trending piece.
For TikTok, influencers have no value; the real value is in the numbers, the frantic numbers of creators who daily strive to find something appealing to present to the social world.
By the end of 2023, TikTok's strategy proves successful: scandals involving the most relevant influencers (Chiara Ferragni or Kim Kardashian) shake the very foundations of social media usage. Leaving aside keyboard warriors and value judgments, which on social media are fleeting, within a few weeks, the sentiment changes, and followers are disillusioned, disappointed.
Upon waking up, one realizes that Instagram has become a commercial showcase: stories interspersed (almost a 1:1 ratio) with advertisements, micro-influencers promoting this or that product or service.
And here comes Instagram’s new release: at the end of May 2024, Meta launches a new algorithm. New metrics:
a) Viewing time: the longer you stay on the video, the more the algorithm rewards you
b) Interactions: likes, comments, and saves are still valid
c) Content relevance: relevance is determined based on previous interests compared with post content
d) Videos: videos have become central to IG’s content strategy.
Upon closer inspection, Instagram seems to be chasing TikTok to rejuvenate itself, to free itself from those constraints that had led to a cul-de-sac of criticism.
Instagram influencers will have to compete with creators who can be rewarded by the algorithm for creating content in the trend of the average user.
If so, companies might gradually lose interest in contracts with influencers. On one hand, it will be harder for influencers to actually captivate their audience by proposing products or services; on the other hand, after the Rome Tribunal's ruling, new judgments could be issued that impact the contractual freedom of companies (and influencers) by imposing too onerous constraints for all parties.
In light of this possible scenario, it might seem that social media wants to take back the reins of the game, to take power away from influencers and keep tight control over everything that happens in that meta-world they created.
But this is a story that has just begun.
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